{"id":93,"date":"2022-06-22T16:15:13","date_gmt":"2022-06-22T14:15:13","guid":{"rendered":"http:\/\/89.46.65.81\/wp-gassino\/?page_id=93"},"modified":"2023-07-18T14:35:34","modified_gmt":"2023-07-18T12:35:34","slug":"le-cave-di-calcare-la-fabbrica-di-superga","status":"publish","type":"page","link":"http:\/\/89.46.65.81\/wp-gassino\/index.php\/le-cave-di-calcare-la-fabbrica-di-superga\/","title":{"rendered":"3. Le cave di calcare: la “fabbrica di Soperga”"},"content":{"rendered":"\n
Per diversi secoli, fino ai primi decenni del 1900, il R\u00f2c di Gassino, una zona collinare attualmente rivestita di folta vegetazione boschiva ma un tempo meticolosamente coltivata, ospit\u00f2 alcune cave per l\u2019estrazione di una singolare roccia da costruzione, il Calcare di Gassino, meglio conosciuto come Pietra di Gassino e, in alcuni casi, seppur con un eccesso di enfasi, Marmo di Gassino. Cave abbandonate ormai da lungo tempo perch\u00e9 non pi\u00f9 produttive anche se non del tutto esaurite. Questo materiale, che in passato suscit\u00f2 un particolare interesse di insigni geologi come Federico Sacco e Giacomo Trabucco, fu impiegato in larga scala per edifici pubblici e privati della zona ed \u00e8 da considerarsi come un elemento tipico del Barocco Piemontese poich\u00e9, tra il XVII e il XVIII secolo una buona parte fu abbondantemente utilizzata nella costruzione di moltissimi edifici, chiese e palazzi soprattutto, mentre un\u2019altra parte, la pi\u00f9 consistente, era destinata alle fornaci per la calce. L\u2019ampio uso di questo materiale in Torino e dintorni \u00e8 da ricercarsi, in modo particolare, nella relativa comodit\u00e0 del trasporto, agevolata dalla vicinanza di Gassino con la grande citt\u00e0. ** Nei documenti dell’epoca sono chiamati picapietre dal piemontese picapera.<\/p>\n\n\n\n
Nel corso del tempo furono molte le famiglie di Gassino ad essere coinvolte in questa attivit\u00e0. Tra le altre figurano i Vaudetti, i Gianone, i Caviglione, i Chiesa.
Del calcare di Gassino ne fecero uso famosi architetti tra cui il Guarini, Amedeo di Castellamonte, Lanfranchi, Juvarra, Vittozzi, per la realizzazione di importanti opere. Tra queste figurano il Palazzo di Citt\u00e0 di Torino, la Reggia di Venaria, il Palazzo dell\u2019Accademia delle Scienze, l\u2019ex Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista, il loggiato del Palazzo dell\u2019Universit\u00e0, Palazzo Madama, Palazzo Carignano, il colonnato della Basilica di Superga, le chiese del Corpus Domini, di San Filippo, della Consolata, di Santa Cristina e, a Chieri, quella della Madonna delle Grazie. Nella stessa cittadina di Gassino l\u2019utilizzo di questa pietra \u00e8 notevole, basta percorrere il centrale corso Italia per notarne l\u2019uso per i portoni d\u2019ingresso di molte abitazioni. Anche nelle chiese locali, tra cui la chiesa della Confraternita dello Spirito Santo, l\u2019utilizzo di questo materiale \u00e8 vistosamente diffuso. Un\u2019altra importante opera, realizzata con Calcare di Gassino, \u00e8 il cavallo, scolpito in un unico blocco, del monumento equestre di Vittorio Amedeo I eseguito da Andrea Rivalta verso la met\u00e0 del XVII secolo, esposto nello scalone di entrata del Palazzo Reale di Torino. Di particolare significato storico \u00e8 il fonte battesimale della chiesa parrocchiale di San Biagio a Buttigliera d\u2019Asti. Realizzato nel 1587, \u00e8 da considerarsi come una delle prime opere datate realizzata con questo materiale. Un lungo elenco che ci induce a riflettere su quale e quanto utilizzo se ne fosse fatto in passato per un\u2019importante tipologia di manufatti ovvero quella riguardante il corredo delle chiese. Acquasantiere, balaustre, gradinate, colonne, basamenti di altari sono tutt\u2019oggi testimonianza viva dell\u2019intensa attivit\u00e0 di quanti lavorarono sui bricchi del R\u00f2c di Gassino, tra il Bric Porassa e la Costa Battaina. Con un po\u2019 di fantasia possiamo ancora oggi immaginare, su quei colli, il ritmico picchiettio dello scalpellino<\/em>*. A violare il silenzio della natura che lass\u00f9 tra le cave abbandonate ci riporta indietro nel tempo.<\/p>\n\n\n\n\n
Nel 1680 una discreta fornitura di pietra di Gassino fu utilizzata per il portone d’ingresso del Castello di Racconigi del principe Emanuele Filiberto di Carignano. Tale fornitura serv\u00ec per pagare in buona parte diversi debiti contratti con il governo savoiardo nel corso del XVII secolo, epoca costellata da lunghi periodi di guerra e dalla comparsa della peste anche tra le contrade di Gassino.<\/li>\n<\/ul>\n\n\n\n