2. Il porto sul Po
La presenza di un porto per l’ormeggio di imbarcazioni che utilizzavano il Po come via di comunicazione per il trasporto di merci e persone risale ai primi secoli dopo l’anno 1000. Il più antico documento che testimonia la presenza di detto porto è la pergamena che riporta patti e convenzioni tra Filippo di Savoia, principe d’Acaia e la comunità gassinese. In quell’epoca era costituito da un semplice molo costruito in legno di rovere e che si estendeva per alcuni metri nell’alveo del fiume.
Di questo porto, dal quale dipartivano anche le barche per raggiungere la sponda opposta, abbiamo inoltre notizie ricorrenti citate sui conti dei castellani che per tutto il XIV secolo si occuparono, per conto dei principi d’Acaia, dell’amministrazione del Comune di Gassino. In molti casi si tratta di note per diverse spese per la periodica manutenzione del porto, a testimonianza della sua evidente importanza.
Secondo le cronache dell’epoca, nel 1397 partì proprio con il blocco del porto l’assedio che il marchese Teodoro II di Monferrato pose al borgo fortificato di Gassino, utilizzandolo inoltre come approdo per lo scarico dei vari strumenti bellici che giungevano dalla capitale Chivasso.
Nel corso dei secoli il porto gassinese, più volte asportato dalle piene del Po e sempre ricostruito, mantenne sempre la sua indispensabile funzione sia per il trasporto delle merci dirette a Torino, sia per il semplice trasbordo sull’altra sponda del fiume.
Nella seconda metà del XVII secolo, e per buona parte del XVIII, il porto di Gassino acquisì ulteriore importanza per il moltiplicarsi dell’attività estrattiva delle cave del Calcare locale. Materiale che raggiungeva per via fluviale Torino e altre località per la costruzione di innumerevoli palazzi e chiese.
A partire dal periodo della Restaurazione, e fino al termine della sua attività, anni ’20-’30 del XX secolo, la funzione del porto di Gassino mutò radicalmente. Non più un approdo per imbarcazioni da trasporto ma strumento indispensabile per l’attraversamento del Po, sia per il commercio verso il Canavese, sia per i cittadini dell’Oltrepo (Mezzi Po), in un momento di grande sviluppo della frazione gassinese al di là del fiume e che utilizzavano il porto per raggiungere il capoluogo per le varie necessità: mercati, scuole, esercizi commerciali ma anche per raggiungere il cimitero per le sepolture.
Nei primi anni del XX secolo lo utilizzarono per diversi anni le ragazze dell’Oltrepo per raggiungere lo stabilimento Sobrero di Gassino che in quell’epoca dispensava lavoro a centinaia di lavoratori.
Il porto natante, così era definito, era costituito da due barconi accostati i quali, uniti da un ampio tavolato, formavano una specie di zatterone sulla cui prua potevano trovare posto anche carri, carrozze e animali da tiro. Sulla poppa, invece, vi erano due casotti di legno, uno utilizzato dai passeggeri come riparo e l’altro come abitazione del portolano ovvero dell’addetto al trasbordo del carico da una sponda all’altra e alla manutenzione del porto stesso e delle vie d’accesso. La concessione per l’attività del portolano era attribuita dal Comune mediante una regolare gara d’appalto.
Il porto di Gassino era di tipo girevole. Ovvero era trattenuto per mezzo di un’ancora posta nell’esatto centro del fiume, con una lunga fune, l’alzaia, sorretta da alcune barchette che ne impedivano l’immersione nell’acqua. Levàti gli ormeggi, il porto, spinto dalla corrente e trattenuto dall’alzaia, si avviava verso l’altra sponda compiendo una corsa a semicerchio simile a quella del pendolo. L’unica forza che ne consentiva il movimento era la corrente del fiume che lo faceva allontanare dalla riva e lo spingeva verso la riva opposta.