Dell’opera straordinaria di Federico Boccardo (Varallo Sesia 1869 – Sciolze 1912) il mondo dell’arte se ne accorse certamente troppo tardi. La sua morte repentina, a soli quarantadue anni, dopo un lungo periodo legato al progredire della malattia che l’aveva colpito, la tisi, fu certamente di ostacolo ad una carriera, soprattutto mediatica, che certamente l’attendeva avendone pienamente merito. Tuttavia, che il Boccardo, da alcuni definito “uno dei più sensibili pittori italiani dell’ultimo ‘800”, avesse tutte le prerogative per entrare nella sfera dei grandi artisti piemontesi, già se accorsero in molti quand’era ancora in attività, a partire dai suoi contemporanei più celebrati che lo conobbero come allievo dell’Accademia di Belle Arti di Torino e come collega alle innumerevoli esposizioni della Società Promotrice.
Il legame di questo grande artista con Gassino è dovuto essenzialmente al periodo in cui soggiornò nei mesi estivi nella sua casa di villeggiatura, il “Cascina Bonfiglio”, sulla collina di Bussolino a pochi passi da Villa Bria, tra il 1899 e il 1910. Una delle sue opere più importanti, “Strada di campagna” del 1902, ritrae uno scorcio della campagna gassinese in cui è riconoscibile il “Peroda”, cascinale di campagna lungo l’attuale via Foratella. L’opera fu esposta, postuma, alla Biennale di Venezia nel 1928 con altre quattro opere del Boccardo.
A questo raffinato artista, nel 1950 Nietta Aprà, storica dell’arte particolarmente legata a Sciolze e Cinzano, dedicò un suo volumetto, “Federico Boccardo pittore”.
Una parte delle opere del Boccardo, tra cui la gassinese “Strada di campagna”, è attualmente esposta nel Museo Civico di Dronero intitolato a Luigi Mallè (Torino 1920 – 1979), dal 1965 al 1973 direttore dei Musei Civici di Torino e autore di un minuzioso volume dedicato al pittore valsesiano e pubblicato nel 1969.
Altre opere del Boccardo sono esposte alla Galleria d’Arte Moderna di Torino.
Federico Boccardo a Gassino
Federico Boccardo nasce il 3 luglio 1869 a Varallo Sesia da Vittorio, torinese, geometra del catasto, e da Giulietta Pareti di Scopello (Valsesia).
Segue la sua famiglia nei numerosi trasferimenti in molte località italiane fino alla cessazione dell’attività del padre che nel 1885 acquista una cascina sulla collina di Casalborgone e che da questa famiglia prenderà il nome, Cascina Boccardo, ancora attualmente in uso. In questa località la famiglia Boccardo trascorre lunghi periodi nei mesi estivi e qui il giovane pittore inizia la sua attività artistica.
Nel 1899 alla vendita di questo immobile segue l’acquisto di un casolare più piccolo sulla collina di Bussolino, “Cascina Bonfiglio”, dove Federico Boccardo trascorrerà buona parte dell’anno, dal 1900 al 1910, recandosi solo occasionalmente al suo studio di Torino in via Santa Giulia 54.
Nel 1910, venduta la casa gassinese, acquista un immobile in Regione Bavento a Sciolze dove si spegnerà il 22 giugno 1912 a 42 anni. Congedandosi dai pochi amici torinesi disse loro: “Per me l’arte è insieme un godimento d’amore e una malattia. Morirò di pittura”.
“Boccardo dipinse una cinquantina di capolavori commoventi per il soggetto, ammirevoli per la finezza del disegno, la preziosità del colore” disse Marziano Bernardi nel “Gazzettino del Piemonte” il 22 gennaio 1970 in occasione della mostra commemorativa del centenario della sua nascita. E aggiunse: “Lenta, dopo la morte, la sua rivalutazione, ora culminante in questa splendida Mostra che lo definisce uno dei più delicati maestri della pittura piemontese fra Ottocento e Novecento”.
Federico Boccardo studiò all’Accademia Albertina di Torino e fu allievo di Giacomo Grosso. Esordì ed espose assiduamente alla “Promotrice”. Nei suoi ultimi anni propose più volte le sue opere alla Biennale di Venezia che soltanto nel 1928 gli dedicò la meritata visibilità. Dopo un viaggio (1901) in Belgio e Olanda per studiare la pittura fiamminga dipinse i suoi quadri più importanti ispirandosi all’ambiente familiare. Sono in gran parte ritratti di piccole dimensioni della moglie e delle figlie: “Mia moglie”, “Testa di bambina”, “La rosa”, “La piccola cucitrice”, “Nel prato”, “Rosina in posa” “Candore”, “La decaduta”, pervasi da un commosso lirismo e pieni di poesia.
Lasciò anche paesaggi stupendi, “angoli” delle colline tra Po e Monferrato.